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Il Decreto Ministeriale 236/89 punta a stabilire con esattezza, ma in modo differenziato a seconda della tipologia degli edifici, dalle dimensioni minime di porte, finestre e ascensori, alle caratteristiche di scale e servizi igienici accessibili ai disabili; dalla pendenza delle rampe pedonali, agli spazi necessari alla mobilità di una sedia a rotelle. La domanda per ottenere i contributi va presentata al sindaco del Comune nel quale si trova l’immobile da adattare alle esigenze del disabile, entro e non oltre il primo marzo di ogni anno. Se un disabile è riconosciuto dalla ASL di competenza invalido al 100% con difficoltà di deambulazione, ha diritto di precedenza nell'assegnazione dei contributi. Anche su questo punto, purtroppo, è lotta aperta e spietata nei condomini: quando si parla di abbattimento delle barriere architettoniche, le domande si sprecano. Chi deve affrontare la spesa? A chi bisogna rivolgersi? I condomini possono opporsi? La Legge 220/2012 in fatto di modifiche alla disciplina del condominio stabilisce il quorum da raggiungere, almeno la rappresentanza della metà del valore millesimale dell’edificio, per avere il via libera alla modifica di spazi comuni e ascensori.
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Dopo aver esaminato le normative che regolamentano l'abbattimento delle barriere architettoniche in ognuna delle nostre case, prendiamoci un momento per capire come funziona in luoghi pubblici e spazi comuni. Qui, la legge è ancora più stringente; quella di riferimento è sempre la 236/89, ma le linee guida da seguire hanno maglie ancora più strette e vincolanti. Il perché, è presto detto: i principi che hanno mosso i legislatori sono quelli dell'inclusione e della sicurezza: la Costituzione italiana sancisce che nessuno può essere discriminato a causa di una limitazione o di un impedimento fisico. Le difficoltà motorie o sensoriali, quindi, non possono determinare un motivo per l'isolamento. Abbattere le barriere architettoniche, ma anche quelle psicologiche, a volte è più semplice di quanto di immagini: rampe, con pendenze adeguate; scritte in Braille che accompagnino le insegne più classiche; segnalazioni acustiche in concomitanza a quelle visive. Si stima che, se l'Italia si adeguasse ai più alti standard in fatto di abbattimento delle barriere, con piccoli accorgimenti indispensabili per l'autonomia del portatore di handicap, risparmierebbe oltre il 30% della spesa all'assistenza.
Torniamo ad esaminare i testi delle leggi Italiane in fatto di abbattimento delle barriere architettoniche; questa volta, ci concentriamo sul Decreto Ministeriale 236/89 e sulla Legge 104/92. Lo Stato italiano si è dimostrato così sensibile, in fatto di disabilità, da riconoscere diverse esigenze, a seconda dell'handicap riportato. I vari decreti attuativi si concentrano principalmente su due punti: la visitabilità e l'adattabilità degli ambienti. Nel primo caso, rendiamo visitabile (termine proprio dell'architettura accessibile che indica uno spazio a misura di disabile) una casa o un luogo pubblico, quando creiamo la possibilità, alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di accedere alle varie zone di servizio, incontro e relazione, come gli spazi di soggiorno e pranzo all'interno degli alloggi privati e di quelli corrispettivi in ambito lavorativo, e ad avere a disposizione almeno un servizio igienico idoneo per ogni unità immobiliare. Parliamo di progetto adattabile se, chi lo ha pensato, è stato tanto lungimirante da lasciare la possibilità di modificare negli anni gli spazi, senza costi eccessivi e con lavori differibili, per andare incontro alle sopraggiunte esigenze di portatori di handicap.
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